
Il museo diocesano di Milano in occasione del Natale ripropone l’iniziativa “un capolavoro per Milano”. Quest’anno, come vi avevamo annunciato, ha esposto l’Adorazione dei Magi di Artemisia Gentileschi.
Realizzato dall’eccezionale artista del Seicento, il quadro è parte di un ciclo commissionato dal vescovo spagnolo di Pozzuoli Martin de Lèon y Cardenas che promosse i lavori di ampliamento della Cattedrale nel 1631.
Il coinvolgimento di Artemisia fu forse dovuto all’interessamento del Vicerè di Napoli, che aveva chiamato la Gentileschi a lavorare in città.
La tela, di imponenti dimensioni (310 x 206 cm), è uno dei capolavori della maturità della pittrice che lo terminò nel 1637, anno della sua partenza per l’Inghilterra. Dipingere con successo non era raro per le pittrici dal Rinascimento in avanti. Più raro era che i propri lavori venissero commissionati dalla Chiesa ed esposti in una Cattedrale.
La composizione è divisa in due: a sinistra vediamo Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù, isolati visualmente nella loro capanna. A destra i Re Magi e altre persone dietro di loro. Sopra di loro la stella che li ha guidati verso la culla del Redentore.
La protagonista principale è Maria che nelle tradizioni dell’epoca veniva sempre ritratta su un trono. Artemisia la pone su una roccia e la disegna vestita come una popolana di Pozzuoli. Tutta la dignità dellla Madonna viene non dagli artifici esterni ma dalla sua postura e dall’espressione del viso. Dignità, per essere colei che tiene in braccio il figlio di Dio, e dolcezza di madre.
In primo piano sulla scena troviamo il Re Magio più anziano che sembra caduto su un ginocchio e, in un movimento goffo, si appoggia a una reliquia. Il secondo Re ha un atteggiamento molto più elegante che ci ricorda un inchino che era in uso nelle corti spagnole. Si crede quindi che sia un omaggio che Artemisia ha dipinto al Viceré di Napoli. Infatti l’artista non dipingeva volti stereotipati ma realistici, i cui tratti erano scelti tra coloro che colpivano la sua immaginazione.
Dietro era rappresentato il terzo Re magio il cui viso è tristemente andato distrutto in un incendio del 1964. La Cattedrale di Pozzuoli e i suoi capolavori vissero poi decadi di abbandono fino al restauro del 2014.
Il simbolismo principale dell’intera composizione è il passaggio dal pagano al cristiano. La capanna della famiglia sorge da un tempio con colonne pagane, così come la Cattedrale di Pozzuoli era originariamente un tempio pagano. Il Re Magio nero e una persona dai tratti asiatici vogliono dimostrare il pensiero che tutte le culture, dopo la nascita di Gesù, si sono unite alla religione cristiana.
In questo dipinto Artemisia elabora la lezione caravaggesca, alla luce dei nuovi contatti con gli artisti napoletani: la sua predilezione per una gamma cromatica sulle variazioni dei toni marroni, rossi, blu e gialli si associa all’attenzione per la resa degli effetti luce-ombra.

Maria, raffigurata con vestiti semplici quasi come una popolana, porge con dolcezza il figlio all’adorazione dei Magi. Il capo inclinato e lo sguardo abbassato esprimono insieme dignità e dolcezza oltre alla consapevolezza che quel bambino era venuto a salvare il mondo.

Il Re magio si inchina con un gesto tipico della corte spagnola e anche le vestimenta ricordano la moda del regno castigliano. Si crede che sia un omaggio al Vicerè di Napoli, Manuel de Acevedo y Zúñiga, Conte de Monterrey, il quale aveva commissionato molti quadri ad Artemisia.

Questa mano è una meraviglia della anatomia ed è esempio della grande maestria di Artemisia. L’oggetto che offre al piccolo Gesù è un reliquiario che si pensa fosse presente nella cattedrale di Pozzuoli, quasi a voler dare prova della sua origine divina.