Tra ‘500 e ‘600 si verifica una vera rivoluzione nel mondo del teatro con il teatro elisabettiano.
Prima c’erano i drammi sacri, rappresentazioni teatrali di argomento religioso, sospesi nell’epoca della riforma anglicana di Henry VIII, e prima affiancati e poi sostituiti da opere che inneggiavano a virtù morali, senza riferimenti alla religione cattolica o riformata che fosse.
I sovrani, i Tudor in particolare, amavano circondarsi di attori che recitavano per la stretta cerchia della Corte, e che facevano parte di una folta schiera di giullari e musicisti il cui compito era più quello di divertire che di trasmettere un messaggio. Questi attori “appartenevano” se così si può dire al regnante o al nobile che li faceva esibire presso di sé, come un qualsiasi segretario o servitore.

Il grande cambiamento avviene sotto Elisabetta I, nel periodo conosciuto come età dell’oro, perché faceva uscire l’Inghilterra da un periodo di lotte intestine e che si pone proprio prima di altre dispute religiose e politiche. Il dramma teatrale cominciò a essere interpretato in modo univoco al di là della classe sociale coinvolta: la Corte inizia ad assistere alle stesse rappresentazioni che la gente comune vedeva nei teatri pubblici.
Si può dire che questo tipo di teatro appiattisca i conflitti tra i ceti, anche perché quasi sempre si parla di sentimenti ed emozioni che appartengono al genere umano nella sua interezza: l’amore, la gelosia, il tradimento, la perdita di una persona cara, ma anche l’ambizione, la scalata al potere, la follia…

All’inizio le rappresentazioni si svolgevano nei cortili delle locande, “inn” in inglese, oppure negli edifici destinati ai combattimenti tra orsi o tra cani e sfruttavano quanto vi era di costruito per far immaginare agli spettatori la scenografia che non era allestibile in maniera provvisoria.
Spieghiamo meglio: c’erano delle pareti, non c’era un tetto, il palcoscenico era al centro di queste strutture e gli spettatori tutti attorno, almeno su tre lati, e su più livelli, affacciati ai balconi, alle finestre e alle strutture in legno che fungevano da loggioni. Gli attori si servivano di un balcone anche per creare diversi livelli di rappresentazione (il balcone di Romeo e Giulietta ne è un chiaro esempio). Va da sé che i primi teatri, costruiti apposta per le rappresentazioni nelle zone fuori dalla City, seguirono questo modello originario. Il primo fu il The Theatre, inaugurato nel 1577, che prende spunto proprio da un inn, il Red Lion, locanda di un villaggio a est di Londra: uno spazio recintato con gallerie intorno e palcoscenico sopraelevato.

I teatri degli anni a seguire erano tutti alti tre piani, di solito di pianta poligonale, ma alcuni quadrati. Il palcoscenico era sopraelevato da terra di circa un metro e mezzo ed era la sezione coperta da una tettoia. Sul fondo vi erano le uscite per gli attori e le sedie per i musicisti. La capienza andava dai 1500 ai 3000 spettatori. Erano illuminati da candele che venivano sostituite a metà rappresentazione. Ovviamente essendo fatti di legno i teatri erano facilmente soggetti ad incendi, infatti quando il Globe andò a fuoco si cercò di ricostruirlo almeno con una copertura di tegole. Il Fortune, bruciato nel 1621, venne riedificato completamente in laterizio. Altri piccoli teatri si trovavano nella City: erano coperti, di capienza inferiore, circa 500 spettatori, e venivano detti “privati” per sfuggire alle norme che non volevano rappresentazioni teatrali in città.

Un aspetto sociale molto curioso è che mentre in Italia il dramma era una rappresentazione di élite, volta ai nobili umanisti e recitata nei loro sfarzosi palazzi, il teatro elisabettiano (che indica anche quello dell’epoca del suo successore James I) era invece pensata per un pubblico eterogeneo. Ciò è chiaro nelle tematiche affrontate ma anche nei prezzi irrisori dei biglietti per assistere alla rappresentazione.
I posti in piedi, al centro, costavano 1 penny; 2 penny si spendevano per sedersi nei loggioni; una cifra più alta nei teatri di livello più elevato. E la cosa curiosa è che le tariffe restarono pressocché uguali dal 1580 al 1640.

Altro aspetto dell’universalità di queste rappresentazioni è il tentativo di incontrare i gusti di ogni spettatore, dal soldato che cercava i duelli, alla fanciulla che cercava il sentimento, al politico che cercava i giochi di potere.
Il teatro elisabettiano è quello che diede i natali, prima come attore e poi come autore all’immortale William Shakespeare.
