
Oggi vi vogliamo parlare del vaiolo. Bel tema vero?
Le epidemie pestilenziali si sono più volte manifestate nelle varie epoche storiche con gravi ripercussioni sulla vita e gli eventi delle popolazioni e, ad intervalli regolari, hanno accompagnato l’uomo nel suo cammino attraverso i secoli, in genere manifestandosi in seguito a guerre, carestie, straordinarie siccità, talvolta anche a terremoti, piogge intense ed inondazioni.
Proprio in questi giorni è stata pubblicata una notizia scientifica che riporta alla ribalta una di queste malattie cambiandole la data di nascita, e dando un inizio certo proprio nella nostra epoca favorita: il ‘600.
Il vaiolo, una malattia infettiva causata da due varianti del virus Variola, non è comparso per la prima volta 5000 anni fa – come finora creduto – ma “solo” nel ‘600. Un suo ceppo virale è stato infatti recentemente estratto a Vilnius nel corpo mummificato di un bambino morto in quel secolo. Fino ad ora, la scienza collocava l’esordio storico del vaiolo nell’antico Egitto, in seguito alla scoperta – da parte degli archeologi – di pustole sulla mummia del faraone Ramses V.
L’analisi del bimbo lituano mummificato, il cui materiale genetico rappresenta il più antico campione di virus mai scoperto, sembra indicare che la forma più letale della malattia sia comparsa alla fine del XVI secolo. A indicarlo, è uno studio internazionale pubblicato a 37 anni esatti dall’eradicazione della malattia.
Non vi daremo i dettagli tecnici sul come si è arrivati a datarne l’inizio perché li troverete sui giornali scientifici.
Noi qui parliamo dell’epoca moderna ed è vero che il vaiolo nel Seicento ma soprattutto nel secolo seguente era temuto quanto la peste.
Nel Seicento si presenta in ripetute endemie circoscritte, preannuncianti il dilagare a macchia d’olio che la malattia avrà nel secolo successivo.
Dalla metà del XVIII secolo infatti, il vaiolo fu la maggiore malattia endemica del mondo con un’impennata virulenta, ammorbando soprattutto i bambini.
Il vaiolo fu una malattia con segni clinici talmente evidenti e caratteristici e causò epidemie disastrose arrivando a una mortalità del 30-35%, lasciando spesso ai vivi gravi postumi fra cui, tremenda, la cecità. Diventò quindi il soggetto di miti e superstizioni e i medici e gli storici scrissero molto su di esso.
Morbo altamente febbrile, letale o deturpante.
I medici anticontagionisti attribuivano le pustole vaiolose allo spurgo attraverso la pelle della materia peccans presente nei bambini, o persistente negli adulti, in conseguenza del peccato originale o del suo lascito residuale.
I medici contagionisti, attribuivano invece le medesime pustole all’espulsione transcutanea del “veleno” morboso o virus proiettato all’esterno dal moto rutilante del sangue surriscaldato e portato a ebollizione dalla febbre elevata.
In effetti il contagio avveniva per contatto diretto tra le persone oppure tramite i liquidi corporali infetti o gli oggetti personali contaminati come abiti o lenzuola.
Tanto per citare alcuni dati significativi della mortalità provocata dal vaiolo nel solo continente europeo nel corso del XVIII secolo, nel 1753, a Parigi, morirono di vaiolo 20.000 persone, a Napoli nel 1768 in poche settimane morirono 60.000 persone, Nel 1707 una nave infetta di vaiolo, approdata in Islanda, vi provocò in breve 20.000 morti. La Groenlandia nel 1733 perse i tre quarti della popolazione a causa del vaiolo.
In secoli di grandi ingiustizie sociali dove la miseria e la fame tormentavano solo i ceti sociali più bassi, le malattie invece erano cieche e colpivano re e stallieri, principesse e serve.

Vi facciamo l’esempio di Maria Teresa Imperatrice d’Austria: la sua esperienza di madre, fu straziata dal vaiolo. Nel 1740, l’anno in cui salì al trono, perse per questa malattia la figlioletta primogenita di appena tre anni. La sesta figlia fu sfigurata dal vaiolo al punto da ritirarsi in convento e mai più mostrarsi in pubblico. Poi ci fu la tragedia del secondo maschio che l’imperatrice adorava e che tutti consideravano il “genio” della famiglia, intelligente e precocissimo, ucciso dal vaiolo a soli 16 anni. Pochi mesi dopo fu il turno della piccola Maria Giovanna Gabriella, promessa sposa al Re di Napoli, che morì ad appena 12 anni per la stessa malattia. Passarono sei anni e il vaiolo dapprima stroncò la nuora di Maria Teresa, e poi la figlia amatissima Maria Giuseppina.
Pare che la giovane Maria Giuseppina, di appena 16 anni, abbia contratto il virus dopo aver pregato sulla tomba della cognata, nella cripta dei Cappuccini. Si dice che la bara non fosse stata sigillata bene, chissà, impossibile dire oggi, ma è certo che Maria Teresa non si perdonò mai per quella notte di preghiere, che le era stata sconsigliata dal dottore e alla quale la figlia non avrebbe voluto partecipare.
Il vaiolo impose la morte di quattro figli ad una donna che era tra le persone più potenti del mondo. Una donna che aveva i migliori medici a disposizione e tutta l’assistenza che si potesse avere a quel tempo. Provate a immaginare cosa potesse fare il vaiolo tra la gente comune.
Recita un antico aforisma medico, risalente all’autorità di Galeno: “in temporibus mortalitatis, cito, longe, tarde” (in tempi di moria pestilenziale, fuggi presto, va lontano, torna più tardi che puoi).